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Con il termine Disordini Temporo Mandibolari (TMD) si indica una serie di disfunzioni cliniche che coinvolgono i muscoli masticatori, l’ATM (articolazione temporo mandibolare) e le strutture associate ad essa. Rappresentano una delle principali cause di dolore oro facciale e colpiscono più frequentemente le persone di età compresa tra 20 e 40 anni di età, con un’incidenza maggiore nelle donne rispetto che negli uomini.

L’articolazione temporo mandibolare collega la mandibola con l’osso temporale e ne regola il movimento durante le sue due funzioni principali, quali la masticazione e il linguaggio. Nello specifico è un’articolazione compresa tra i condili della mandibola e le fosse mandibolari presenti all’interno delle ossa temporali che durante l’apertura e la chiusura della bocca si muovono contemporaneamente. Tra il condilo mandibolare e la fossa mandibolare si interpone il disco articolare, una struttura biconcava che migliora la congruità delle superfici articolari, evita il contatto osso-osso e riduce la concentrazione degli stress di contatto in un punto dell’articolazione. Le strutture ossee sono stabilizzate dalla capsula articolare e sostenute dai legamenti durante i movimenti della mandibola.

Il paziente con TDM può riferire dolore a livello dell’articolazione temporo mandibolare e ai muscoli masticatori, limitazione articolare in apertura e traslazione laterale della bocca, crepitii e ‘click’ articolari, mal di denti, ma di testa, ronzii e fischi alle orecchie ma anche affaticamento della vista, difficoltà a mettere a fuoco gli oggetti, cervicalgia, capogiri e vertigini.

Tutti i sintomi sopraelencati possono intensificarsi in presenza di eventi quali stress psico emozionale intenso, il serrare i denti in maniera esagerata o mangiare cibi particolarmente duri; mentre possono migliorare con il riposo, con applicazione di calore sulle zone dolenti o assunzione di analgesici non steroidei.

Le cause dei disordini temporo mandibolari non sono ancora ben definite. Le ipotesi riguardano fattori genetici, anatomici e ormonali associati a traumi, variazioni occlusali, digrignamento eccessivo dei denti (bruxismo), serraggio dei denti e alla componente psico-sociale.

Nel 70% dei pazienti che mostrano una sintomatologia legata all’articolazione temporo mandibolare, è presente una dislocazione del disco. Nel momento in cui il disco esce dalla sua posizione corretta vi è spesso contatto osseo delle superfici articolari, il quale da inizio ad una usura sull’articolazione che è la causa primaria del peggioramento della patologia.

Al presentarsi dei sintomi è importante rivolgersi al proprio fisioterapista di fiducia che provvederà ad eseguire un’anamnesi, un esame obiettivo e vari test per individuare la disfunzione e impostare un percorso riabilitativo, con lo scopo di ridurre il dolore oro facciale, migliorare il range articolare dell’ATM e ristabilire un corretto equilibrio tra le varie forze muscolari.

A tal fine può essere eseguita una mobilizzazione dell’ATM in tutti i piani di movimento con tecniche intra ed extra buccali, un trattamento manuale del tratto cervicale e dorsale, un trattamento dei muscoli masticatori e relativi trigger-point, anche con l’ausilio di macchinari all’avanguardia quali Tecar e Laserterapia.

Al trattamento manuale potranno essere combinati degli esercizi attivi di stretching, di mobilità e rilassamento della regione mandibolare/cervicale ed esercizi posturali che il paziente potrà proseguire anche a casa per evitare recidive future.

FT Gabriele Simeone


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Spesso sentiamo parlare di ginnastica posturale, un termine che subito ci fa pensare ad un tipo di attività collettiva che prevede una serie di esercizi e che viene svolta nelle palestre.

Questo nel momento in cui un medico ci prescrive delle sedute di rieducazione posturale individuale non ci permette di capire l’importanza dell’individualità del trattamento e della necessità che sia eseguito da un fisioterapista qualificato. Naturalmente c’è una differenza sostanziale tra esercizi di ginnastica, impropriamente definiti posturali, ed una seduta di rieducazione posturale globale.

Confort, Postura e Dolore

Per iniziare è utile definire la parola postura: è l’atteggiamento abituale di una persona, determinato dal tono di gruppi di muscoli a vocazione statica che si oppongono alla forza di gravità. La postura è l’adattamento individuale all’ambiente fisico, psichico ed emozionale (Treccani).

Questa breve definizione sottolinea già l’aspetto dell’unità somato-psichica ossia la relazione tra la sfera fisica del corpo e la sfera emozionale: una persona timida o schiva avrà un atteggiamento posturale più chiuso rispetto ad una persona spavalda e sicura di se che andrà in giro a testa alta e petto in fuori.

L’altra informazione fondamentale che ci da la definizione è che ogni giorno i nostri muscoli antigravitari combattono durante tutto l’arco della giornata contro la forza di gravità. Questo fa si che la fisiologia, l’anatomia e la patologia di questi gruppi muscolari sia diversa da quella dei muscoli dinamici(quelli che entrano in azione nei movimenti di maggiore ampiezza). I muscoli antigravitari sono muscoli ricchi di fibre a contrazione lenta, tessuto connettivo e mitocondri (che sono la centrale energetica delle fibre e devono essere numerosi per mettergli di lavorare h 24).

Un’altra discriminante del nostro atteggiamento posturale è il confort. Ovvero il nostro sistema autonomo trova dei piccoli aggiustamenti posturali (che modificano la posizione delle articolazioni e la lunghezza muscolare) per far si che durante la giornata non sentiamo vari doloretti o dolori più importanti(magari dovuti ad un trauma).

Questa strategia inconscia fa sì che riusciamo a svolgere le nostre attività quotidiane senza troppi fastidi ma a che prezzo? Il prezzo è la perdita dell’armonia delle relazioni tra i vari segmenti corporei ed una modificazione della struttura fisica la quale comporta una modificazione della funzione (movimento di testa e collo, respirazione, movimento delle braccia o schema del passo a seconda del livello compromesso).

Tale cambiamento porta all’accorciamento ed alla rigidità dei muscoli antigravitari che porta a diminuzione della funzione dinamica, sensazione di debolezza muscolare, compressione articolare e quindi alla comparsa della sintomatologia dolorosa. È dunque evidente che un dismorfismo causi a lungo andare una problematica dolorosa, infatti statisticamente l’80% dei problemi dolori nasce da un dismorfismo.

La proposta terapeutica dell’RPG (riabilitazione posturale globale)

Il dolore quindi deriva da un cambiamento posturale che ha determinato un accorciamento dei muscoli antigravitari ed una modifica della struttura di una o più articolazioni che ora sono più compresse del normale.
Sembra evidente che gli obbiettivi del trattamento debbano essere:

  • Decompressione articolare
  • Allungamento dei muscoli accorciati
  • Ripristino dell’armonia articolare e della funzione

Durante la seduta il fisioterapista lavora con il paziente (che fa un lavoro attivo) tramite delle posture che evolvono in maniera progressiva e permettono grazie alla manualità del terapista ed alla collaborazione del paziente di allungare in maniera progressiva i muscoli accorciati, di correggere l’articolazione che da dolore e di riarmonizzarla in rapporto alle articolazioni vicine e lontane qualora mostrassero relazione con la zona del dolore (concetto di globalità: l’errata posizione della spalla può dare dolore alla cervicale). La progressione dolce ed armonica della postura e la manualità del terapista permettono:

  • di tenere sotto controllo il sintomo del dolore durante la seduta
  • una maggiore sicurezza per l’integrità di muscoli e articolazioni
  • mantenimento dei risultati

Applicazioni dell’RPG

La riabilitazione posturale globale trova larga applicazione a tutte le problematiche dolorose della colonna ed ai problemi ad essa correlati ma è applicata anche a tutte le problematiche dolorose articolari:

  • patologie cervicali e sintomi correlati (ernie, formicolio degli arti superiori, vertigini, cefalea)
  • Ipercifosi o dorso piatto
  • Iperlordosi o rettilineizzazione del rachide lombare
  • Ernie Lombari
  • Sciatalgia
  • Scivolamenti vertebrali (listesi)
  • Dolori delle grandi e piccole articolazioni: spalla, gomito, polso, anca, ginocchio, caviglia

Riassumendo abbiamo dei muscoli statici che opponendosi alla forza di gravita ed alla forza dei muscoli dinamici ci permettono di mantenere il corpo in equilibrio ed in posizione corretta. Quando questo equilibrio viene meno il corpo si deforma, i movimenti sono frenati e compare la sintomatologia dolorosa. L’RPG si pone l’obbiettivo eliminare il dolore restituendo l’armonia strutturale del nostro corpo.


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Cicatrici: ti sei mai chiesto perché dopo diverse terapie e un periodo di benessere, il dolore si ripresenta senza che questo sia legato ad una lesione specifica?

Molto spesso è dovuto alla presenza di cicatrici recenti o passate, che sono ancora ‘attive’ o patologiche. Ciò perché sul piano funzionale, una cicatrice può disturbare la qualità del movimento ostacolando le vie di guarigione del corpo.
Vediamo come.

 

Tutte le strutture del nostro corpo (ossa, muscoli, nervi, etc) sono circondati da tessuto connettivo che ha il compito di sostenerli e proteggerli. Questo tessuto connettivo viene definito fascia, una rete tridimensionale molto importante da un punto di vista funzionale, in quanto, essendo elastica ogni trazione, ostacolo o stiramento a livello locale si ripercuote sull’intero sistema.

I tessuti del corpo sono organizzati in vari strati che grazie alla fascia scorrono gli uni sugli altri garantendo funzioni di supporto, metaboliche e di stabilizzazione meccanica. In seguito ad una ferita, la cute e i tessuti più profondi vengono lesionati, innescando così meccanismi di riparazione con formazione di tessuto fibroso da parte di cellule specializzate, che permette la guarigione della ferita.

Anche quando il chirurgo esegue un intervento chirurgico incide più strati e li sutura insieme, causando la formazione di un fulcro che limita la distensione della fascia. Questa zona, in cui si crea un’alterazione della circolazione sanguigna, linfatica e le terminazioni nervose vengono bloccate, viene definita aderenza cicatriziale.

Una cicatrice provoca danni meccanici tanto maggiori quanto più importanti sono le aderenze cutanee e sottocutanee ed a seconda della sua posizione sul corpo.

Si parla di una cicatrice di “buona qualità” quando questa è morbida, di un colore simile alla cute circostante, poco evidente, non dolente e non aderente ai tessuti più profondi.
Non sempre però la cicatrice è di buona qualità. Si può formare una cicatrice che si presenta rossa, dura e in rilievo ma che non oltrepassa i limiti della ferita iniziale, con dolore e prurito, che viene definita cicatrice ipertrofica; una cicatrice che presenta tessuto fibroso in eccesso che ricopre una superficie maggiore della ferita che l’ha causata che prende il nome di cicatrice cheloidea (cheloide); una cicatrice leggermente avvallata a causa di tessuto cicatriziale insufficiente, che in alcuni casi può causare la riapertura di ferite che sembravano rimarginate, definita cicatrice atrofica; una cicatrice caratterizzata da retrazione cutanea con riduzione della superficie che ha come sede tipica aree articolari sottoposte a flessione o estensione e che provoca deficit funzionale chiamata cicatrice retraente.

Infine la cicatrice distrofica che si ha quando la cicatrizzazione non si completa a causa di problemi locali di circolazione sanguigna, infezioni, diabete, alcune malattie metaboliche o endocrine, stati di denutrizione o l’assunzione di alcuni farmaci come i corticosteroidi.

Ed ecco che le cicatrici derivate da interventi quali appendicectomia, taglio cesareo, laparoscopia, meniscectomia, discectomia, protesi di anca o ginocchio, artroscopia ad arti superiori e inferiori, interventi chirurgici al cuore, solo per citarne alcune, possono provocare lombalgie, dolori musoloscheletrici, problematiche organiche e disordini posturali. Ciò avviene perché la presenza di aderenze con il tessuto sottostante si manifesta come un disturbo per il Sistema Nervoso Centrale che risponde con una serie di compensi, modificando la postura del corpo.

Il bambino, poiché in crescita, può avere maggiori conseguenze da questo punto di vista.

Il trattamento delle cicatrici prevede l’uso di diverse tecniche a seconda del caso: il massaggio connettivale per ridurre le aderenze con i tessuti sottostanti, la Cupping Therapy per favorire lo scollamento tessutale con l’effetto vacuum, la mio-fibrolisi (tramite strumenti detti fibrolisori di vari materiali), il Taping Neuromuscolare che, con effetto decompressivo, crea spazio tra i differenti tessuti, laser e ultrasuoni.

In seguito agli interventi chirurgici sopracitati è assolutamente consigliato oltre ad affrontare un percorso di fisioterapia, trattare le importanti cicatrici anche a distanza di anni dall’evento che le ha provocate, potendo così ripristinare l’elasticità dei tessuti e migliorare tutti gli effetti secondari provocati dalle aderenze della cicatrice oltre che migliorarne l’aspetto da un punto di vista estetico.


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